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IL RUMINE

L'apparato digerente dei ruminanti, come i bovini, si distingue da quello dei monogastrici per la presenza di uno stomaco di grandi dimensioni suddiviso in quattro parti comunicanti (reticolo, rumine, omaso e abomaso). I prestomaci sono colonizzati da un insieme assai composito di microrganismi (batteri, protozoi, funghi, lieviti) che, attraverso lo sviluppo di processi fermentativi anaerobici, consente all'animale di avvalersi di alimenti non utilizzabili dagli animali monogastrici.
In particolare i ruminanti sono in grado, attraverso la mediazione della microflora ruminale, di utilizzare la cellulosa e le emicellulose (flora cellulosolitica) (quelle che noi chiamiamo fibre), di cui sono ricchi gli alimenti di origine vegetale e che risultano indigeribili per gli altri mammiferi.
I prodotti di fermentazione risultano assorbiti dalla parete ruminale e giungendo alla ghiandola mammaria sono utilizzati nella sintesi dei precursori del latte.
Inoltre tutti i batteri ruminali sono in grado di impiegare per le proprie sintesi proteiche anche azoto non proteico e azoto inorganico come l’urea (oltre che aminoacidi e piccoli peptidi che derivano dalla proteolisi ruminale) consentendo al ruminante di sfruttare forme semplici di azoto, altrimenti inutilizzabili, che vengono convertite nel rumine in proteine batteriche di elevato valore biologico.
Le proteine batteriche sono digerite nello stomaco vero (abomaso) e poi assorbite nell’intestino tenue come aminoacidi singoli o piccoli peptidi, che potranno entrare nella sintesi delle proteine del latte operata a livello delle cellule del tessuto mammario.

Il contenuto del rumine è molto eterogeneo ed include una larga frazione di digeriti semisolidi, che formano una zona di materiale solido ben impaccato, al di sopra ed al di sotto del quale risiedono due frazioni liquide. I contenuti del rumine non sono stagnanti: il controllo del loro flusso coinvolge due importanti processi, i movimenti ruminali e la ruminazione. I movimenti ruminali sono supportati da una complessa serie di contrazioni muscolari che determinano il rimescolamento della parte solida. Durante la ruminazione, una parte dei solidi presenti del rumine sono rigurgitati nella bocca, ed il bolo viene mescolato con la saliva e masticato, prima di essere reintrodotto nel rumine dove la frazione solida viene nuovamente sottoposta alla digestione pre-gastrica. Con questo meccanismo si ottiene il minimo ristagno dei componenti digeriti, e nello stesso tempo una lunga residenza dei materiali più resistenti a contatto con la biomassa microbica fermentativa. Il sistema ha le migliori condizioni che consentono la proliferazione microbica, mantenendo temperatura costante e pH fisiologico dato dalla presenza della saliva, e rimuovendo efficacemente i prodotti finali dell’attività microbica attraverso il deflusso della frazione liquida.

I microrganismi del rumine degradano i componenti della dieta, di natura complessa e spesso di bassa qualità nutritiva, ed ottenendo contemporaneamente energia per la loro crescita. L’animale ospite utilizza sia i prodotti finali del metabolismo microbico come fonte di energia, sia la biomassa microbica come importante fonte di proteine.
Il rumine contiene una delle più varie e dense popolazioni microbiche conosciute in natura. I microrganismi caratteristici degli ambienti ruminali appartengono a tre gruppi principali: batteri, protozoi e funghi. Sono state identificate più di 200 specie di batteri (flora) e più di 20 specie diverse di protozoi (fauna).La maggior parte dei microrganismi del rumine sono strettamente anaerobi, cioé non utilizzano ossigeno: molti sono sensibili anche a minime quantità di ossigeno, tuttavia molti dei batteri che aderiscono alle pareti del rumine, che lasciano diffondere una certa quantità di ossigeno, sono aerobi facoltativi.

Possiamo dividere i microorganismi a seconda del loro ruolo:
cellulosolitici (degradano la cellulosa)
Sono senza dubbio il gruppo più significativo del rumine in quanto si può affermare che il rumine si sia evoluto per consentire la loro attività. Bisogna sottolineare che questi batteri non sono esclusivamente cellulosolitici ma sono in grado di utilizzare efficacemente anche altri glucidi, amido compreso.

emicellulosolitici e pectinolitici (degradano le emicellulose e le pectine) Bisogna aggiungere che molti dei batteri cellulosolitici sono anche in grado di utilizzare le emicellulose.

amilolitici(degradano l' amido)

utilizzatori di zuccheri semplici

. proteolitici (degradano le proteine)
La maggior parte dei batteri più diffusi nel rumine sono dotati di attività proteolitica.

lipolitici
I lipidi assunti con la dieta sono attivamente trasformati dai batteri presenti nel rumine. Il risultato di questa attività è visibile nella composizione costante del grasso del latte, ricco di grassi saturi. L’isomerizzazione e saturazione dei principali acidi grassi a lunga catena assunti con la dieta, come l’acido linoleico e linolenico, sono opera di Butyrivibrio fibrisolvens, Treponema bryantii, Eubacterium spp., Fusocillus spp. e Micrococcus spp. Esistono anche specie che utilizzano i trigliceridi come substrato di crescita. Attraverso lipasi extracellulari o localizzate nel glicocalice, idrolizzano fosfolipidi e trigliceridi per liberare glicerolo e acidi grassi. Gli altri grassi non saponificabili, presenti nella dieta, come galattolipidi e solfolipidi sono rielaborati in maggioranza dai batteri fibrolitici.

acido fermentanti
Con questo gruppo inizia la trattazione di gruppi non coinvolti direttamente nella degradazione delle particelle alimentari, e possono essere definiti secondi fermentantori poiché utilizzano i prodotti della fermentazione operata da altre specie. Questo gruppo trasforma alcuni acidi organici, risultato delle fermentazioni primarie. Sono anch’essi essenziali nell’equilibrio della microflora ruminale e nel mantenere costanti le caratteristiche fisico chimiche del rumine, basti citare il ruolo fondamentale dei batteri fermentanti l’acido lattico nel mantenere costante il pH.

metanogeni
I metanogeni rappresentano una classe particolare di microrganismi, appartenenti non ai batteri ma agli archeobatteri. Essi nel rumine hanno il compito di rimuovere ed riutilizzare l’idrogeno molecolare liberato dalle fermentazioni di batteri, protozoi e funghi. Questa azione favorisce una migliore resa delle fermentazioni complessive poiché permette in molte specie di condurre la fermentazione fino alla produzione di acetato anziché arrestarla alla produzione di etanolo o lattatato, con una migliore resa in ATP.

produttori di ammoniaca
I produttori di ammoniaca svolgono un ruolo particolare nell’ecosistema ruminale. Infatti contribuiscono a contenere l’azione acidificante risultante dalla produzione dagli acidi grassi a corta catena, permettono il circolo rumino-epatico dell’urea, con conseguente risparmio di azoto del sistema, forniscono l’azoto necessario alla crescita di alcuni microrganismi. Non tutti i batteri riescono ad utilizzare amminoacidi preformati come fonte di azoto ma richiedono sali di ammonio. Le vie per la produzione di ioni ammonio sono essenzialmente due:
La deamminazione degli amminoacidi liberi, con la produzione se si tratta di valina di isobutirrato, nel caso della leucina di isovaleriato e della isoleucina di 2-metilbutirrato: questi sono acidi grassi particolari presenti in piccole quantità nel rumine ma essenziali come fattori di crescita per i microrganismi stessi oltre che per l’organismo.
L’ureolisi localizzata per lo più lungo le pareti del rumine, che permette il compimento del riciclo rumino-epatico dell’urea.

Nella microflora ruminale le concentrazioni di funghi sono relativamente basse, rispetto a quelle dei batteri e dei protozoi cigliati, tuttavia i funghi ruminali possiedono una vasta gamma di enzimi che li rendono in grado di idrolizzare molte delle strutture polisaccaridiche che compongono le pareti cellulari vegetali. I funghi inoltre appaiono più efficienti rispetto ai batteri ruminali nel rompere e degradare le barriere strutturali nei materiali vegetali e sono in grado di degradare anche i tessuti più recalcitranti e di penetrare la barriera costituita dalla cuticola .

Malgrado le caratteristiche metaboliche delle singole specie batteriche, i prodotti finali delle loro fermentazioni combinate risultano molto simili. I microrganismi fermentano zuccheri, amidi, cellulosa, emicellulosa e pectina trasformandoli in acidi grassi volatili, anidride carbonica, idrogeno e metano. I loro enzimi extracellulari digeriscono i polisaccaridi, i quali sono trasformati dagli enzimi intracellulari in piruvato, come nelle cellule dei vertebrati. Anziché entrare nel ciclo di Krebs per un metabolismo aerobico fino a anidride carbonica e acqua, il piruvato è ridotto anaerobicamente ad acidi organici a corta catena, principalmente acetato, propionato e butirrato più anidiride carbonica, idrogeno molecolare, metano e acqua. Sebbene la fermentazione microbica dell’amido rilasci il 20 % meno di energia della sua conversione in glucosio attraverso gli enzimi endogeni dell’animale, le fermentazioni microbiche dei carboidrati strutturali sono enormemente vantaggiose per animali con una dieta ad alto livello di fibra.

PRODUZIONE DELLE PROTEINE MICROBICHE E RICICLO DELL’AZOTO
Quando sono riforniti di una adeguata quantità di azoto alimentare, le proteine microbiche sintetizzate nel rumine rendono i ruminanti indipendenti dalla forma in cui sono approvvigionati. Questo perché le principali forme dell’azoto della dieta sono degradate dai microbi ruminali in ammoniaca, la quale è la principale forma di azoto usata per la sintesi di proteine microbiche. Le proteine assunte con la dieta sono degradate dai microrganismi ruminali in peptidi, amminoacidi e ammoniaca, ma il 50-80% dell’azoto incorporato nelle proteine microbiche proviene dall’ammoniaca, e per il resto la prevalenza è per piccoli peptidi. La maggior parte dei batteri ruminali ha sistemi di trasporto per una varietà di peptidi e per l’ammoniaca ma non per gli amminoacidi liberi.
L’anaerobiosi costituisce il limite alla quantità di aminoacidi che possono essere forniti dai microrganismi ruminali all’animale. Questo è sufficiente per il mantenimento e una parte della produzione e della crescita corporea, ma per alti livelli di produzione di carne o latte la dieta deve includere proteine che sfuggano alla degradazione ruminale (“by-pass”) a vantaggio di una digestione nel piccolo intestino. Solo il 10-20% della proteina nel foraggio fresco sfugge alla degradazione ruminale, ma la percentuale può essere aumentata trattando il foraggio con il calore o con prodotti chimici quale acido formico o formaldeide, oppure più comunemente con l’aggiunta di concentrati proteici a medio o elevato contenuto in proteine “by-pass”.
L’azoto richiesto per la sintesi delle proteine microbiche ha anche origine endogena. Questo include l’urea, che è un prodotto di detossificazione dell’ammoniaca in eccesso prodotta nel rumine e che giunta nel fegato dei mammiferi può essere così eliminata sotto forma della meno tossica urea. La maggioranza dell’urea è normalmente escreta attraverso i reni, ma nei ruminanti, la perdita di azoto ureico è diminuita riciclandolo attraverso il rumine stesso. Questo avviene con il rilascio di urea nella saliva e tramite la diffusione di urea attraverso la parete ruminale, secondo un gradiente di concentrazione dal sangue: in entrambi i casi la concentrazione di urea nel rumine mantie ne l’attività ureolitica dei batteri attaccati all’epitelio ruminale. Di conseguenza la maggior parte del rifiuto del metabolismo azotato ritorna nel rumine anche magari a distanza di poche ore, e può essere quindi riutilizzato in un momento di carenza azotata nella sintesi di proteine microbiche che poi verranno digerite nell’abomaso ed assorbite come amminoacidi nel intestino tenue. Gli eccessi di azoto sono assorbiti e convertiti in amminoacidi non essenziali ed urea nel fegato. In una dieta a basso contenuto di proteine, il riciclo dell’azoto può contribuire in gran parte al flusso delle proteine uscenti dal rumine. Il riciclo dell’urea riduce anche la quantità d’acqua richiesta per l’escrezione dell’urea. Di conseguenza, una diminuzione dell’assunzione di acqua riduce l’escrezione di urea e aumenta il tasso di riciclo di azoto con l’urea attraverso il rumine.

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