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Il latte


Il latte è il prodotto della ghiandola mammaria di femmine di mammiferi. Esso deriva dalla mungitura regolare ed ininterrotta di animali in buono stato di salute, di alimentazione e in corretta lattazione. La produzione di latte comincia dopo il parto e, nella bovina, si protrae per un periodo di circa dieci mesi.

Composizione chimica del latte

Acqua 87%
glucidi, principalmente lattosio (ca. 5%)
lipidi (ca. 3,6%), princialmente trigliceridi
proteine (ca. 3,2%): 75% caseine, 25% lattoalbumine e lattoglobuline
sali minerali
vitamine, enzimi e oligoelementi

Il latte è un liquido eterogeneo nel quale coesistono tre fasi distinte: la fase di soluzione, costituita dalle sostanze solubili in soluzione acquosa (lattosio, sali minerali, proteine solubili, sostanze azotate non proteiche, enzimi); la fase di sospensione colloidale, costituita dalle micelle caseiniche disperse nella soluzione acquosa; la fase di emulsione, costituita dai globuli di grasso in fase acquosa. Queste diverse fasi sono in equilibrio instabile. Infatti la conservazione del latte a temperatura ambiente comporta, entro le prime 12-24 ore, la separazione e la risalita in superficie della fase grassa in emulsione (affioramento) e, successivamente, in seguito all’azione biologica dei microrganismi, la separazione della sospensione caseinica con formazione del coagulo.

1. I glucidi
I glucidi del latte sono rappresentati in massima parte da lattosio che è lo zucchero specifico del latte: il latte rappresenta quasi l’unica fonte naturale di lattosio. Gli altri glucidi che si ritrovano nel latte sono principalmente glucosio, galattosio e alcuni oligosaccaridi che, nel latte bovino, sono presenti in piccolissime quantità (0,1% sul tal quale). Il tenore di glucidi del latte è piuttosto costante nell’ambito di ogni specie; tra specie diverse invece si riconoscono importanti differenze. In generale sembra esserci una relazione inversa tra tenore proteico del latte e tenore in glucidi. Poiché, come si vedrà, il tenore proteico del latte tende ad essere più elevato in quelle specie che sono caratterizzate da rapida crescita dei giovani soggetti dopo la nascita, il tenore glucidico, al contrario, è più alto nel latte di specie a crescita lenta (come l’uomo, ad esempio)

Inoltre le specie che hanno un elevato tenore in lattosio nel latte tendono a produrre un latte povero di altri glucidi (in particolare oligosaccaridi) mentre le specie che hanno basso tenore in lattosio sintetizzano molti oligosaccaridi; fa eccezione la donna il cui latte è ricco sia di lattosio che di oligosaccaridi.
Il lattosio
Il lattosio è un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio legate tramite un legame beta1-4; esso viene sintetizzato nelle cellule secernenti a partire da glucosio ematico. Nei ruminanti il principale precursore del glucosio ematico è l’acido propionico, uno degli acidi grassi volatili che si formano in sede ruminale. Il lattosio viene sintetizzato grazie a due proteine, la galattosiltransferasi e l’alfalattoalbumina. Il tenore in lattosio del latte di ciascuna specie è un dato piuttosto costante; nel latte di vacca la percentuale di lattosio è del 5% circa. Solo la fase colostrale si distingue per un basso tenore in lattosio del secreto.
La costanza del tenore in lattosio dipende dal fatto che esso è il più importante componente osmoticamente attivo presente nel latte. Poiché la secrezione di latte è isotonica rispetto al sangue, in caso di variazione della quantità di lattosio sintetizzata nella mammella, si ha una variazione della capacità di richiamo di acqua dal sangue alla mammella ma la percentuale di lattosio sul totale dell’acqua richiamata (e quindi del latte prodotto) non cambia. La quantità di lattosio sintetizzata è quindi direttamente proporzionale alla quantità di latte prodotta.
A parte il periodo colostrale, l’unico caso in cui si possono verificare sensibili variazioni della percentuale di lattosio del latte è quello della presenza di una mastite, ossia di una infiammazione del tessuto mammario. In questo caso infatti cala vistosamente la presenza nel latte di tutti i componenti che vengono sintetizzati nella mammella (lattosio compreso) in conseguenza dell’alterata funzionalità delle cellule secernenti e, contemporaneamente, aumenta la presenza nel latte dei componenti di origine ematica (acqua compresa) in conseguenza dell’alterata permeabilità delle membrane.
Diverse ipotesi sono state avanzate per spiegare la presenza nel latte di lattosio al posto di altri zuccheri. Secondo una di queste ipotesi il lattosio sarebbe utile in quanto fonte di galattosio per il neonato: il galattosio infatti è impiegato nella sintesi dei galattolipidi e in particolare dei galattocerebrosidi del sistema nervoso. Nei casi di esclusione totale del lattosio dalla dieta, per intolleranza congenita, si sono infatti riscontrate anomalie della sintesi dei galattocerebrosidi. Il lattosio, possedendo una funzione aldeidica, tende a reagire con le sostanze azotate (ammine e aminoacidi) per formare dei composti secondo una reazione irreversibile chiamata reazione di Maillard. Tale reazione rende indisponibili le sostanze azotate, riducendo fortemente il valore biologico del latte, e conferisce al prodotto un colore tipicamente brunito e un gusto di caramello. La reazione di Maillard è favorita dai trattamenti termici ad alte temperature e dal contatto con metalli; avviene sempre nel caso di sterilizzazione e di trattamenti tipo U.H.T. del latte ma può avvenire, anche se meno intensamente, durante la pastorizzazione e l’essiccazione. Il lattosio ingerito con il latte viene digerito nel digiuno ad opera della betagalattosidasi, un enzima secreto dall’intestino, che libera glucosio e galattosio. Il momento di massima attività della beta-galattosidasi nei mammiferi coincide con la nascita; successivamente si assiste ad un declino della sua attività che si assesta, dopo lo svezzamento, intorno al 10% dell’attività iniziale. Questa diminuzione si verifica in tutte le specie di mammiferi anche se con modalità e secondo meccanismi differenti. Le popolazioni umane di ceppo europeo rappresentano un’eccezione in quanto gran parte degli individui sono in grado di mantenere anche da adulti un’attività lattasica intestinale elevata.
Tuttavia alcuni soggetti presentano una produzione di beta-galattosidasi insufficiente e questa carenza può determinare un quadro sintomatico che prende il nome di intolleranza al lattosio. A causa della carenza di lattasi una parte di lattosio passa indigerita nell’intestino crasso dove determina il richiamo di acqua nel lume intestinale, a causa del suo potere osmotico, e la formazione di gas, in seguito all’instaurarsi di fermentazioni batteriche. I sintomi sono rappresentati da coliche addominali, diarrea, meteorismo intestinale. L’intolleranza al lattosio è di natura ereditaria e questo spiega come mai vi siano differenze sensibili nella sua frequenza tra popolazioni diverse.
Da alcuni anni sono stati posti in commercio tipi di latte ad alta digeribilità nei quali le molecole di lattosio sono già scomposte in glucosio e galattosio, immediatamente assimilabili.
L’intolleranza al lattosio è dovuta ad una carenza enzimatica e non va confusa con l’allergia al latte bovino che è invece una vera e propria reazione del sistema immunitario nei confronti di alcune frazioni della componente proteica del latte (soprattutto caseine, beta-lattoglobulina e sieroalbumina). L’allergia al latte si distingue dall’intolleranza al lattosio perché tende a dare sintomi clinici di tipo sistemico e non limitati al solo tratto intestinale (vomito, orticaria, asma, shock anafilattico).
Il lattosio svolge un ruolo importante ai fini della trasformazione del latte in quanto è il substrato su cui crescono i batteri lattici (lattobacilli e lattococchi). A partire dal lattosio essi producono acido lattico che conduce al progressivo abbassamento del pH (acidificazione lattica) necessario per la produzione di yogurt, di latti fermentati e di molti formaggi.

Gli oligosaccaridi
Gli oligosaccaridi sono glucidi di dimensione superiore a quella del lattosio. Essi sono formati da cinque molecole di base (glucosio, galattosio, N-acetilglucosamina, fucosio, acido sialico) in varia combinazione. Nel latte della maggior parte dei mammiferi domestici gli oligosaccaridi sono presenti in piccolissime quantità mentre, in altre specie, la loro concentrazione è addirittura superiore a quella del lattosio (come avviene nel caso degli orsi, dei marsupiali e nei pinnipedi). Nel latte umano sono ben rappresentati raggiungendo i 12 g/l.
Il significato funzionale degli oligosaccaridi non è ancora ben chiarito. Gran parte degli oligosaccaridi sfugge alla digestione e si ritrova nell’intestino crasso dove sembra avere un ruolo di modulazione dell’ecosistema batterico, favorendo lo sviluppo di flora bifida (Bifidobacterium bifidum) che, a sua volta, contribuisce ad acidificare il contenuto intestinale e ad ostacolare la proliferazione di eventuali patogeni. La ricchezza degli oligosaccaridi in acido sialico suggerisce poi un loro possibile ruolo nello sviluppo cerebrale del neonato come precursori dei gangliosidi e delle glicoproteine sialiche.


Lipidi

Le sostanze lipidiche del latte sono costituite principalmente da trigliceridi (96%) e secondariamente da digliceridi, fosfolipidi, glicosfingolipidi e steroli, rappresentati in quasi solo da colesterolo. Nel latte di bovina la percentuale di grasso si aggira mediamente intorno al 3,5% con un ampio intervallo di variazione (2-5%)

I trigliceridi
La composizione in acidi grassi dei trigliceridi del latte vede una prevalenza di acidi grassi saturi (circa il 70%), a numero pari di atomi di carbonio (figura 8). Da segnalare la proporzione elevata di acidi grassi a corta catena che sono da considerarsi tipici del grasso del latte in quanto non presenti in altri grassi animali e vegetali. Inoltre il grasso del latte contiene naturalmente piccole quantità di acidi grassi ramificati, di acidi grassi trans e di acidi grassi coniugati che derivano dall’attività della microflora ruminale.
Gli acidi grassi più rappresentati sono l’acido palmitico (C 16, pari al 25-30% degli acidi grassi totali), l’acido oleico (C 18:1, 23%), l’acido stearico (C18, pari al 12%) e l’acido miristico (C14, pari all’11% circa).
La presenza di significative quantità di acidi grassi a corta e media catena spiega l’elevata digeribilità del grasso del latte.
Gli acidi grassi coniugati dell’acido linoleico (CLA) sono una miscela di isomeri geometrici e di posizione dell’acido linoleico che possiedono due doppi legami coniugati. I CLA possiedono una provata attività anticancerogena e antiaterogena. Inoltre sono dotati di proprietà immunostimolanti e sembrano svolgere attività anabolizzante. Nel latte il principale rappresentante del gruppo è l’acido rumenico (C18:2-9c, 11t). Esso deriva dalla bioidrogenazione dell’acido linoleico ad opera della microflora ruminale. Il tenore totale di CLA nel latte è mediamente compreso tra 2 e 30mg/g di lipidi e dipende da molti fattori tra cui principalmente la ricchezza della dieta dell’animale in acidi grassi polinsaturi.
Il punto di fusione del grasso del latte è compreso tra 30 e 34°C, quello di solidificazione tra 20 e 24°C. La variabilità dei punti di fusione e di solidificazione dipende dal fatto che il grasso del latte è una miscela di trigliceridi a diverso peso molecolare e a diverso grado di in saturazione, le cui proporzioni possono variare notevolmente in funzione di diversi fattori tra cui l’alimentazione delle vacche. Ad esempio la somministrazione alle bovine di alimenti ricchi di grassi insaturi determina un abbassamento del punto di fusione del burro.
Gli acidi grassi presenti nel grasso del latte hanno differente origine: · circa la metà degli acidi grassi (quelli con catena da C4 a C16 con numero pari di atomi di carbonio) è sintetizzata nel citoplasma delle cellule secernenti della mammella a partire dagli acidi grassi volatili (acido acetico e acido butirrico) prodotti dalla flora ruminale per fermentazione della cellulosa, delle emicellulose e degli zuccheri ingeriti con la razione. Gli acidi grassi volatili giungono alla mammella per via ematica dopo essere passati attraverso la parete ruminale; in questo passaggio l’acido butirrico viene convertito in b-idrossibutirrato; · la rimanente parte (acidi grassi saturi a lunga catena e acidi grassi insaturi) deriva direttamente dal circolo ematico dove giunge per assorbimento intestinale degli acidi grassi alimentari (40% circa) o in seguito alla lipolisi dei grassi corporei di riserva (10% circa variabile in funzione dello stadio fisiologico, dell’entità delle riserve adipose e del bilancio energetico dell’animale). I grassi presenti nelle razioni per ruminanti sono composti in gran parte da acidi grassi insaturi in considerazione della loro prevalente origine vegetale; tuttavia poiché in sede ruminale essi vengono sottoposti ad una parziale saturazione, gli acidi grassi assorbiti a livello intestinale sono rappresentati da una miscela di acidi grassi saturi e insaturi.

I globuli di grasso
Il grasso del latte si presenta sotto forma di globuli in emulsione nella fase acquosa del latte. Un’emulsione è una dispersione di piccole gocce di una sostanza liquida in un altro liquido: il latte è una dispersione di grasso in acqua mentre il burro è una dispersione di acqua di materia grassa. La stabilità dell’emulsione è consentita dalla presenza di una membrana lipoproteica che avvolge i globuli caricata negativamente. Il diametro dei globuli di grasso è variabile da 0,1 a 20 mm; nel latte di vacca il diametro medio dei globuli di grasso è compreso tra 2 e 6 mm. Tale diametro varia con lo stadio di lattazione (è maggiore a fine lattazione) e con la razza. Le due fasi, acquosa e grassa, tendono a separarsi a temperatura ambiente: il fenomeno prende il nome di affioramento e consiste nella risalita in superficie dei globuli di grasso. L’affioramento è accelerato dalla presenza sulla membrana dei globuli di particolari proteine (agglutinine, termolabili) che determinano l’agglutinamento tra i globuli di grasso e ne favoriscono la risalita.
L’omogeneizzazione del latte determina la formazione di globuli di grasso più piccoli favorendo la stabilità dell’emulsione nel tempo. Il trattamento di omogeneizzazione però modifica la membrana del globulo rendendo il globulo più facilmente attaccabile dagli enzimi contenuti nel latte. Il risultato è che il latte omogeneizzato è più stabile ma si conserva meno.
La struttura dei globuli di grasso non è omogenea ma lamellare concentrica. Procedendo dal centro alla periferia si incontrano una zona centrale caratterizzata da gliceridi a basso punto di fusione, liquidi a temperatura ambiente, una zona intermedia caratterizzata da gliceridi ad alto punto di fusione e una zona corticale che costituisce la membrana che avvolge il globulo di grasso. I gliceridi che costituiscono la parte interna del globulo sono rappresentati in massima parte da trigliceridi.
La membrana del globulo ha uno spessore di circa 10nm e rappresenta circa il 2% del globulo. Essa è costituita da fosfolipidi, trigliceridi e lipoproteine e deriva in parte dalla membrana che avvolge i vacuoli dentro le cellule secernenti della ghiandola mammaria. La membrana è idrofila e caricata negativamente e perciò dona stabilità all’emulsione. Inoltre la presenza della membrana protegge il globulo di grasso dall’attacco degli enzimi (lipasi) presenti nel latte crudo. Sulla membrana sono inoltre presenti colesterolo e vitamine liposolubili.
Il colesterolo rappresenta il più importante composto liposolubile insaponificabile. Il suo contenuto nel latte è piuttosto costante e pari a 300 mg/l. Esso si trova in massima parte a livello della membrana del globulo.
Le vitamine liposolubili presenti sono la vitamina E (3 mg/100 g SS), la vitamina A (1,6 mg/100 g SS), la vitamina D (0,06 mg/100 g SS) e la vitamina k (0,14 mg/100 g SS).
Il grasso del latte di capra si presenta più digeribile rispetto a quello bovino perchè i globuli di grasso sono più piccoli e vi è una significativa presenza di acidi grassi a corta e media catena, più facilmente aggredibili dagli enzimi lipolitici.



Sostanze azotate del latte

Le sostanze azotate del latte sono costituite in massima parte (circa il 95%) da proteine vere ad elevato peso molecolare (caseine e sieroproteine) e in piccola percentuale (circa il 5%) da sostanze azotate non proteiche (urea, nucleotidi, aminoacidi liberi, ecc.).
Se la determinazione del contenuto azotato del latte viene effettuata mediante il metodo Kjeldahl, il valore di azoto totale ottenuto per via analitica viene moltiplicato per il fattore 6,38, che si ottiene assumendo il tenore azotato medio delle proteine del latte pari al 15,67% (quindi 100:15,67=6,38). In questo modo si ottiene il contenuto in “proteine grezze” del latte che comprende sia l’azoto proteico che quello non proteico.

Sostanze azotate non proteiche
L’urea è il principale composto azotato non proteico presente nel latte: essa è in equilibrio con l’urea ematica e la sua concentrazione si aggira normalmente intorno ai 25-30 mg/dl di latte. Valori anomali di urea del latte sono generalmente conseguenza di errori di razionamento. In particolare un elevato contenuto di urea nel latte (superiore a 35 mg/dl) è indice di ridotta captazione dell’azoto ammoniacale da parte della microflora ruminale a causa di eccesso di proteine degradabili e/o carenza di energia fermentescibile nella razione. Concentrazioni elevate di urea nel latte hanno un effetto negativo sulle caratteristiche di caseificabilità del latte e si accompagnano generalmente a patologie tipiche dell’iperammoniemia (alcalosi metabolica, riduzione della fertilità, zoppie, etc.).
Per contro bassi livelli di urea nel latte (inferiori a 20 mg/dl) sono generalmente il risultato di insufficiente apporto proteico della dieta.

Sostanze proteiche
Le proteine del latte rappresentano una parte assai importante della dieta dell’uomo. E’ stato calcolato che nei paesi industrializzati il latte e i derivati coprono dal 20 al 30% dell’apporto proteico totale della dieta.
Le proteine del latte hanno un elevato valore nutritivo in ragione della loro elevata digeribilità e dell’ottima composizione in aminoacidi essenziali. Gli aminoacidi essenziali sono quelli che non possono essere sintetizzati dall’organismo e che quindi devono essere forniti con l’alimentazione. Per l’uomo essi sono: istidina, lisina, isoleucina, leucina, valina, treonina, gli aminoacidi solforati (metionina e cisteina) e gli aminoacidi aromatici (fenilalanina, tirosina e triptofano).
Le proteine del latte non hanno solo un significato nutrizionale ma hanno un ruolo importante di protezione dell’organismo contro le aggressioni grazie alla presenza delle immunoglobuline, della lattoferrina e di alcuni enzimi come il lisozima, la lattoperossidasi, etc. Le proteine del latte sono perciò da considerarsi alimenti funzionali nel senso che, oltre all’apporto nutritivo, forniscono un contributo positivo al miglioramento dello stato di salute.
Il tasso proteico del latte di vacca si aggira intorno al 3,2%; esso è variabile in funzione di molti fattori tra i quali la razza, il corredo genetico individuale, lo stadio di lattazione, il numero di lattazione, le caratteristiche della razione, lo stato sanitario della mammella, la stagione. Inoltre tra le diverse specie di mammiferi esistono importanti differenze per quanto attiene al tenore proteico del latte. Generalmente il tenore proteico del latte di una specie è in relazione con la velocità di crescita dei neonati: più la velocità di crescita è elevata più il tenore proteico del latte è alto. I valori più bassi si trovano nella specie umana (1% circa) mentre i valori più elevati si trovano nel latte dei mammiferi marini (11%) La figura 3 mostra la composizione media delle proteine del latte di vacca. Il latte bovino, così come quello degli altri ruminanti, presenta un’elevata proporzione di caseine rispetto alle sieroproteine, al contrario di quanto si riscontra nel latte di mammiferi monogastrici (uomo, maiale, cavallo).
Caseine
Le caseine sono le proteine specifiche del latte e sono sintetizzate nella ghiandola mammaria. Esse rappresentano il 78% circa delle sostanze azotate presenti nel latte di vacca. Si distinguono in diverse “frazioni” aventi peso molecolare differente e diversa affinità per l’acqua: alfas1, alfas2, beta, k e gamma.
Le caseine sono un complesso eteroproteico fosforato che precipita a pH 4,6. Esse si presentano nel latte sotto forma di un complesso organico e minerale, la micella, a sua volta costituito da particelle sferiche dette sottomicelle.
Le micelle hanno un diametro variabile tra 20 e 600 nm; quelle del latte bovino, in particolare hanno un diametro che si aggira intorno ai 200 nm. Nel latte umano le micelle hanno un diametro inferiore e questo rende la caseina umana più digeribile. All’interno della micella caseinica, le submicelle sono tenute insieme e stabilizzate da legami ionici con Ca e P. All’interno della submicella le diverse frazioni caseiniche sono legate con legami organici di varia natura.
Le submicelle contengono le diverse molecole di caseine in proporzioni variabili ma presentano sempre le molecole di caseina k (idrofila) rivolte verso l’esterno. A loro volta le submicelle più ricche di caseina k si dispongono sulla superficie della micella, stabilizzandola. Verso l’interno delle micelle si trovano invece le molecole di caseina alfa e beta che sono idrofobe.
Le caseine hanno la caratteristica di presentare, soprattutto nelle specie bovina e caprina, uno spiccato polimorfismo. Esistono cioè molte forme genetiche di una stessa proteina che si distinguono tra loro per la sostituzione o la delezione di alcuni aminoacidi all’interno della catena polipeptidica. Il fatto che esistano più varianti genetiche determina l’esistenza di individui omozigoti che producono la proteina in questione in una sola variante, e individui eterozigoti che invece producono una miscela delle due varianti della proteina. La frequenza delle varianti genetiche di ogni proteina varia con la specie e con la razza.
Il polimorfismo delle proteine del latte determina differenze della struttura molecolare delle proteine che a loro volta si traducono in differenze delle proprietà fisico-chimiche e biologiche delle proteine in questione e delle caratteristiche tecnologiche del latte.
Dal punto di vista della composizione aminoacidica le caseine si presentano ricche di prolina e di aminoacidi fosforilati mentre risultano relativamente povere di aminoacidi solforati (soprattutto cisteina). Tuttavia, considerando le proteine del latte nel loro complesso, questa carenza viene compensata dalla ricchezza in aminoacidi solforati delle sieroproteine.
Caseina alfa - La caseina alfas1 è la variante dell’alfa-caseina tipica del latte vaccino dove rappresenta circa il 35% della massa delle micelle caseiniche (figura 6). Si presenta in 5 varianti genetiche (A, B, C, D, E) tra le quali la variante B è la più frequente nella specie bovina. In presenza di calcio tende a flocculare. Nel latte di capra la frazione alfa s1 è spesso completamente assente.
La caseina alfas2 è presente nel latte vaccino in ragione del 10% circa delle caseine totali. Esiste in 4 varianti genetiche (A, B, C, D) di cui solo due (A e D) sono presenti nella specie bovina.
Caseina beta - Nel latte bovino rappresenta circa il 30-35% delle caseine totali. Esiste in 9 varianti genetiche (A1, A2, A3, B, C, D, E, F, G). Le più frequenti sono le varianti A1 e A2. E’ fortemente idrofoba. Nel latte di capra, in conseguenza dell’assenza della frazione alfa s1, la frazione beta è la più rappresentata.
Caseina gamma - Rappresenta solo il 2,5% delle caseine totali.
Caseina k - Nel latte bovino rappresenta il 12% circa delle caseine totali e si trova in cinque varianti genetiche (A, B, B2, C ed E) tra le quali le più diffuse sono la A e la B. La variante B è la più favorevole per il latte destinato alla trasformazione casearia in quanto determina la formazione di micelle caseiniche più piccole che coagulano più velocemente e formano un coagulo più consistente. Alcune razze (la Bruna ad esempio) hanno inserito la variante B della k caseina tra gli obiettivi di selezione.
Come si è detto la frazione k è idrofila in quanto contiene zuccheri; essa si trova sulla superficie della micella dove svolge un ruolo importante nella stabilità della struttura micellare.
Proprio per questo suo ruolo la k caseina è la frazione che entra in gioco nei processi di coagulazione delle micelle caseiniche. La coagulazione delle caseine si può avere per acidificazione o per via enzimatica ossia tramite l’aggiunta di caglio. Il caglio (o presame) è un estratto di stomaco di vitello contenete l’enzima chimosina, specifico per la caseina del latte.
La coagulazione enzimatica del latte consiste sostanzialmente in un’azione proteolitica sulla caseina k che viene scissa in paracaseina k, idrofoba a pH 7, e caseinoglicopeptide, contenente gli zuccheri, idrofilo. Le micelle caseiniche, private della parte zuccherina della k caseina, si destabilizzano e coagulano. Nella cagliata si ritrovano le caseine alfas1, alfas2, beta, gamma e la paracaseina k mentre il caseinoglicopeptide si ritrova nel siero di latte.
La coagulazione per acidificazione invece si ottiene abbassando il pH del latte fino al punto isoelettrico delle caseine (pH 4,6); in queste condizioni la caseina si demineralizza (perde cioè gli ioni Ca e P che passano in soluzione) e le micelle si disgregano in submicelle, perdono il loro stato di idratazione e finiscono per interagire tra loro precipitando.
Il coagulo ottenuto per via enzimatica è più idratato di quello che si ottiene per acidificazione e quindi più adatto per la produzione di formaggi molli che contengono più acqua al loro interno.
Il processo di coagulazione dipende strettamente dalla percentuale di caseine totali (e quindi dal numero di micelle caseiniche che si trovano in sospensione colloidale) e dalla dimensione delle micelle: quanto maggiore è la percentuale di caseine e minore il diametro delle micelle tanto minore sarà il tempo di coagulazione e maggiore la consistenza del coagulo.
Rispetto al latte bovino il latte di capra è caratterizzato da un minore titolo di caseina: questo si riflette in una minore velocità di formazione del coagulo e in una minore consistenza dello stesso.
Sieroproteine
Costituiscono il 17% circa delle sostanze azotate totali del latte di vacca e hanno un peso molecolare inferiore alle caseine. Dopo la coagulazione della caseina si ritrovano nel siero di latte. Sono ricche in aminoacidi essenziali, e in particolare in aminoacidi solforati, e perciò vantano un elevato valore biologico che le rende particolarmente interessanti per la formulazione di integratori ad uso umano. Avendo basso peso molecolare (rispetto alle caseine) non precipitano al loro punto isoelettrico (pH 6) ma sono sensibili al calore: il riscaldamento, soprattutto in ambiente acido, ne determina la denaturazione e la precipitazione. La ricotta è il prodotto ottenuto per coagulazione termica del siero acidificato. Beta-lattoglobulina - E’ la principale sieroproteina del latte bovino mentre nel latte di altre specie può non essere presente (ad esempio è assente nel latte umano). Si presenta in 9 varianti genetiche, tra le quali le più frequenti, nel latte di vacca, sono la A e la B. Essa è sintetizzata dalle cellule secernenti della mammella. Il suo ruolo non è ancora ben conosciuto, tuttavia si ritiene che sia implicata nella fissazione degli acidi grassi. E’ considerata il più potente allergene del latte bovino.
Alfa-lattoalbumina - E’ una proteina sintetizzata anch’essa a livello del tessuto mammario. Si trova in 3 varianti genetiche. Essa gioca un ruolo fondamentale nella sintesi del lattosio in quanto costituente della lattosio-sintetasi. Sieroalbumina - La sieroalbumina del latte è identica a quella del sangue in quanto ha origine ematica.
Immunoglobuline - Sono glicoproteine di elevato peso molecolare dotate di proprietà immunitarie: sono infatti anticorpi capaci di legarsi a batteri e spore. Esse rappresentano le principali sostanze ad azione antibatterica presenti nel latte crudo. Si distinguono in IgA, IgM, e IgG (IgG1 e IgG2). Esse sono sintetizzate dai linfociti B e arrivano alla mammella per via ematica.
Il colostro risulta particolarmente ricco di immunoglobuline allo scopo di trasferire l’immunità passiva al neonato. Infatti i neonati di molte specie di animali domestici (come il vitello e il suinetto) nascono completamente privi di difese immunitarie a causa della non permeabilità della placenta alle immunoglobuline; l’immunità passiva trasferita attraverso il colostro permette quindi al giovane animale di godere di una certa difesa immunitaria fino al momento in cui avrà sviluppato un proprio sistema immunitario.
Proteoso-peptoni - Sono un gruppo eterogeneo di sostanze azotate derivanti dalla proteolisi della caseina B ad opera della plasmina.
Enzimi - Circa 60 enzimi sono stati ritrovati nel latte 20 dei quali sono da considerarsi costituenti originali. Molti enzimi si trovano sulle membrane dei globuli di grasso mentre altri sono elaborati dalle cellule che si trovano nel latte (batteri, leucociti). Alcuni di essi hanno una importante funzione antibatterica (lattoferrina, lattoperossidasi, lisozima), altri attaccano i costituenti del latte e possono determinare perciò variazioni delle caratteristiche tecnologiche dello stesso (lipasi, proteasi). Inoltre essi possono costituire dei validi indicatori delle caratteristiche igieniche del latte (enzimi prodotti da batteri e leucociti come la catalasi), dell’intensità dei trattamenti termici a cui il latte è stato sottoposto (enzimi termolabili come perossidasi, fosfatasi alcalina) e anche della specie animale da cui deriva il latte.
Il lisozima è una proteina avente una conformazione molto simile all’alfalattoalbumina. E’ responsabile della degradazione dei polisaccaridi che costituiscono le pareti dei batteri Gram+ e perciò ha funzione batteriostatica e battericida. La lattoferrina è una glicoproteina appartenente alla famiglia delle tranferrine. Essa è in grado di fissare Fe ferrico ma anche altri metalli come rame, manganese e alluminio. La concentrazione di lattoferrina nel latte bovino è dell’ordine di 0,1-0,3 g/l mentre è più elevata nel colostro (2-5 g/l). Il latte umano è più ricco di lattoferrina rispetto al latte bovino.
Il ruolo nutrizionale e funzionale della lattoferrina non è ancora totalmente chiarito, tuttavia si sa che possiede attività antibatterica, antifungina, antivirale e antinfiammatoria.
Proprietà biologiche delle proteine del latte Alcuni peptici che derivano dall’idrolisi delle caseine (e in particolare della caseina beta) sono dotati di diverse proprietà biologiche.
In particolare alcuni peptidi (casomorfine) presentano un’attività oppiacea fisiologicamente simile a quella delle endorfine: agiscono infatti sul tratto gastroenterico, sulla motilità intestinale (con azione di rallentamento della peristalsi e antidiarroica), sul sistema respiratorio e cardiovascolare e anche sul sistema nervoso centrale e periferico.
Le caseine (e in particolare la caseina beta) possiedono delle regione fosforilate che sono in grado di fissare calcio. Peptidi contenenti queste regioni sono perciò in grado di aumentare l’assorbimento del calcio a livello ileale. Questi stessi frammenti peptidici oltre a favorire la biodisponibilità del calcio aumenterebbero l’assorbimento del ferro.
La k caseina ha la proprietà particolare di svolgere attività antiaggregante e antitrombotica.
Come si è già accennato la lattoferrina ha un importante ruolo di difesa dell’organismo dalle infezioni batteriche e fungine. Quest’attività sarebbe dovuta alla capacità della lattoferrina di legare il ferro che è necessario alla crescita microbica. Allergia alle proteine del latte di vacca E’ la terza allergia alimentare in ordine di importanza, dopo l’allergia all’uovo e quella alle arachidi. L’incidenza si aggira mediamente tra il 2 e il 5% e l’età in cui si manifesta è molto precoce, in genere sotto l’anno di età.
Il quadro clinico prevalente è quello di un’enterocolite allergica con vomito, diarrea e, spesso, sangue nelle feci. In molti casi si presentano inoltre orticaria generalizzata, dermatite atopica, asma, shock anafilattico. I pazienti molto sensibili possono reagire a quantità di latte molto piccole, a volte addirittura alla sola inalazione di polvere di latte. L’allattamento al seno fino almeno ai tre mesi di vita riduce di molto la possibilità di sviluppo di un’allergia al latte bovino. Va sottolineato tuttavia che alcuni bambini sono in grado di sviluppare i sintomi dell’allergia al latte vaccino anche quando assumono ancora solo latte materno. Questo fenomeno dipende dal passaggio nel latte materno di proteine bovine e generalmente regredisce se la madre sospende il consumo di prodotti lattiero-caseari.
Gli allergeni più importanti del latte di vacca sono le caseine, la beta-lattoglobulina e la sieroalbumina bovina.
In alcuni casi di allergia il latte di vacca può essere utilmente sostituito con latte di altre specie (capra, pecora, etc.); da alcuni dati sembra che circa il 40% dei pazienti che risultano allergici al latte bovino tollerino il latte di capra. Tuttavia queste misure non sempre costituiscono un’alternativa sicura in considerazione della notevole omologia che comunque esiste tra le proteine del latte di vacca e quelle delle altre specie. Il latte con proteine di soia può rappresentare un’alternativa ma anch’esso può dar luogo a forme allergiche. Molte forme di allergia al latte di vacca tuttavia regrediscono spontaneamente dopo il secondo anno di vita.



Minerali

La quota minerale e salina del latte rappresenta circa lo 0,9% dello stesso. Il latte contiene tutti gli elementi minerali indispensabili all’organismo e in particolare calcio e fosforo. Tuttavia va sottolineato che i contenuti di ferro e rame non sono elevati tanto che soggetti alimentati a lungo con solo latte (come avviene per i vitelli a carne bianca) possono sviluppare un quadro clinico di anemia.
I minerali si trovano nel latte non solo sotto forma salina ma anche nella fase colloidale legati all’interno delle micelle caseiniche. La composizione minerale del latte varia in funzione della specie, della razza, dello stadio di lattazione e di una serie di fattori ambientali e alimentari.

Macroelementi
Il calcio e il fosforo si trovano in buona parte in forma legata alla caseina. La frazione solubile del calcio (25% del totale) si trova sotto forma di fosfato e citrato monocalcico e di ioni calcio. Anche il magnesio è presente per circa un terzo nelle micelle caseiniche mentre la rimanente parte è in soluzione come fosfato e citrato di magnesio.
Il calcio del latte ha un’elevata biodisponibilità anche perché, al contrario di molti alimenti vegetali, il latte non contiene sostanze che sequestrano il calcio. Inoltre il lattosio presente nel latte favorisce l’assorbimento del calcio probabilmente attraverso un’azione sulla mucosa intestinale.
Potassio, sodio e cloro sono oltre al lattosio i componenti osmoticamente attivi del latte.
L’acido citrico è un triacido carbossilico con calcio chelato caratteristico del latte. Esso viene sintetizzato dalla mammella ed è il sale più importante presente nel latte.

Composizione minerale e salina del latte di vacca in g/l Ca totale 1,2
P 0,9
Mg 0,12
citrato 1,6
solfato tracce
K 1,5
Na 0,45
Cl 1,15
bicarbonato 0,25

Oligoelementi

Tenore in oligoelementi del latte di vacca (in m g/l) Zinco 3800
Ferro 460
Rame 150
Fluoro 120
Iodio 80
Molibdeno 50



Vitamine

Le vitamine idrosolubili (vitamine del complesso B e vitamina C) si trovano disciolte nella fase acquosa del latte mentre le vitamine liposolubili (A, D, E e K) si trovano associate al grasso del latte, in parte a livello della membrana del globulo, in parte all’interno del globulo stesso.
Le vitamine liposolubili del latte sono di origine alimentare e perciò il loto contenuto nel latte può variare con l’alimentazione. Le vitamine idrosolubili hanno un tenore più costante in quanto sintetizzate nel tratto digerente dell’animale; in particolare la vitamina C è sintetizzata a livello dell’epitelio intestinale mentre le vitamine del gruppo B sono sintetizzate dalla flora ruminale e intestinale.

Composizione vitaminica media del latte crudo di vacca (in m g/l) Idrosolubili Liposolubili
B1 - tiamina 388
A - retinolo 500
B2 - riboflavina 914
caroteni 30
B6 554
D 0,4 B12 4
E - tocoferolo 400 PP - niacina 1300
K 3 acido folico 60
acido pantotenico 3251
biotina 47
C 30000

produzione del latte

Il latte è un prodotto di secrezione e di escrezione della ghiandola mammaria in quanto in esso sono presenti sia sostanze di sintesi che di filtrazione. In condizioni fisiologiche ed escludendo il periodo colostrale (primi giorni di lattazione), il 92% della sostanza secca del latte è sintetizzato dalle cellule secernenti della mammella a partire da composti semplici apportati dal sangue (glucosio, aminoacidi, trigliceridi, acetato, etc.). I costituenti del latte sintetizzati nella ghiandola mammaria sono: lattosio, caseine, beta-lattoglobulina, alfalattoalbumina, acidi grassi a corta catena (C4-C10) e acido citrico. Il rimanente 8% della sostanza secca del latte è rappresentato da costituenti provenienti direttamente dal sangue che passano attraverso le cellule ghiandolari senza subire modificazioni (sieroalbumine, immunoglobuline, minerali, vitamine, etc.).
Nei primissimi giorni di lattazione il secreto della mammella, chiamato colostro, ha caratteristiche particolari che lo distinguono dal latte: elevato tenore proteico e lipidico, ricchezza in immunoglobuline, elevato contenuto vitaminico, basso contenuto glucidico. Con il passare dei giorni la composizione del colostro si modifica gradualmente avvicinandosi sempre più al latte normale.
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